Tutela del nido : clan e medicina biologica
La tutela del nido è una delle cinque possibili espressioni nei talenti e vocazioni degli esseri umani organizzati in clan. Molte malattie dell’uomo moderno trovano origine anche nei complessi adattamenti necessari nel clan reale o da lui immaginato. L’organizzazione sociale in clan è la ripetizione a un livello superiore degli stessi passaggi biologici compiuti nell’evoluzione, al momento in cui si costituirono organismi pluricellulari complessi. Studiare con la medicina biologica le caratteristiche delle singole funzioni espresse in contesti sociali, permette di afferrare il senso per il quale determinati tessuti sono coinvolti nella malattia. La tutela del nido implica proteggere, accogliere e crescere la discendenza per garantire il clan e la sua perpetuazione. La tutela del nido è altresì la tutela del mondo interiore caratteristica prettamente umana.
Il clan secondo la medicina biologica ha un’ organizzazione complessa e straordinariamente efficace, al fine di garantire la sopravvivenza. La specializzazione dei membri del clan aumenta l’ efficienza funzionale. Le capacità biologiche del clan sono superiori a quelle del singolo individuo. Molte relazioni connesse all’ organizzazione dei clan preistorici, sono osservabili in medicina biologica come scivolamenti nell’uomo moderno. La tutela del nido nel clan è assolta da individui di attitudine femminile. La genitalità e il femminile non sono però sinonimi. Pertanto si osservano implicati nella tutela del nido individui con genitali maschili e femminili. La vocazione alla tutela del nido come tutte le specializzazioni del clan, non è appannaggio di una sola genitalità. Il ” femminile” protegge secondo la medicina biologica il nido ristretto. Tali compiti sono presenti sia nel nomade che nello stanziale. Il nido è pertanto un termine non necessariamente stanziale. Certamente i processi di edificazione del nido circoscrivono questa funzione ad un luogo definibile, mentre nel nomadismo essa è intesa come itinerante. Il nido è però un termine più esteso dall’ edificio al quale si riferisce. Il nido protegge sia l’ essere umano, sia il mondo interiore dell’ essere umano. La tutela del nido implica una particolare propensione ad interiorizzare gli eventi della vita riconducendoli a processi interni e intimi. I gruppi tissulari maggiormente coinvolti nella tutela del nido secondo la medicina biologica sono i seguenti:
- tessuto polmonare
- vie aeree
- intestino crasso
- pelle e cute
- annessi cutanei
Il polmone esprime più di ogni altro tessuto la capacità di portare “dentro” qualcosa che è “fuori”. L’atto respiratorio è in tal senso la prima tutela del nido e costituisce anche la conquista operata nell’ evoluzione dagli anfibi. Interiorizzare l’aria è biochimicamente una fonte di energia, scambio e protezione della vita. Le vie aeree sono il percorso che l’aria compie per entrare successivamente per il tramite dei polmoni nel sangue e raggiungere tutti i singoli tessuti. Secondo la medicina biologica complementare all’ introduzione dell’ aria assimilabile è la funzione di esternalizzazione dei solidi non assimilabili. La defecazione è in tal senso una forma di respirazione inversa.
L’ intestino crasso evacuando i solidi non assimilabili coopera con il polmone alla tutela del nido. Esternalizzare i solidi non assimilabili è coerente con la pulizia del nido. La tutela del nido si occupa pertanto di mantenere tale nido pulito. I compiti assolti nel clan da coloro che si occupano di questa pregiata funzione non si concludono con la pulizia fisica del corpo e del nido. Anche la “pulizia” dell’ anima è parte delle funzioni svolte ed complementare alla pulizia fisica del nido. La pulizia del corpo e del nodo corrisponde alla pulizia interiore, ovvero a quel in percorso che porta a scoprire le vere motivazioni degli eventi mondani e la possibilità di cooperare con il prossimo. Infine la pelle rappresenta in medicina biologica anche il contatto. La scoperta del mondo interiore aumenta il contatto tra gli individui che percepiscono se stessi meno in lotta tra di loro. Il mondo interiore tende a rendere tutti gli individui partecipi e esalta un principio biologico di cooperazione. La cooperazione è complementare alla conflittualità. La tutela del nido determina pertanto maggiore cooperazione e contatto tra gli esseri umani e questo si manifesta biologicamente nella perdita dei peli sul corpo. La spiegazione per un processo che sembrerebbe assurdo perchè espone piuttosto che proteggere la specie umana, è insita nella necessità interiore di una maggiore contatto fisico. Il processo evolutivo da ominide verso homo sapiens comporta questa curiosa caratteristica, l’essere umano si “tocca” con il significato di contatto e intimità. L’ essere umano è un mammifero che cede il pelo corporeo ai processi di socializzazione e specializzazione in clan. Un maggiore contatto significa biologicamente protezione o protezione femminile. Questa protezione non è però solo fisica ma anche emozionale e spirituale. Il campo emotivo coerente con la tutela del nido è la normotristezza ovvero l’occupazione corretta di se stessi.
La tutela del nido assolve alla funzione di introiezione che permette la conquista del mondo interiore. Si tratta del percorso inverso del cacciatore che invece si rivolge al mondo esterno al “nido”. Il cacciatore scopre il “fuori”, chi tutela il nido scopre il “dentro”. In alcuni linguaggi tradizionali tali attitudini possono essere associate genericamente al maschile e femminile. Questi linguaggi si riferiscono però ad una attitudine e non alla mera genitalità. In tal senso l’introiezione è una funzione del femminile. In ogni caso anche i tessuti implicati nei genitali sono costruiti coerentemente alla attitudine anche se nelle varianti biologiche evolvono poi indipendentemente. I genitali maschili si evolvono “fuori” mentre quelli femminili evolvono “dentro” . Il massimo dell’ introiezione è la capacità femminile di portare nuova vita dentro di sé ovvero la gravidanza. Ma è necessario svincolare i concetti indicati dalla genialità in quanto si osservano varianti biologicamente significative con genotipo maschile e femminile. Nel clan più avanzato si possono pertanto osservare uomini o donne cacciatrici come uomini o donne che si occupano della tutela del nido con una complementarità significativa.
Il clan è una sovrastruttura biologica e i comportamenti dell’individuo si modulano tramite la contrapposizione tra interesse personale, interesse del clan e habitat con l’obiettivo ideale di configurare nel futuro l’umanità. Tale processo, iniziato nella notte dei tempi, è tuttora lontano dall’essere concluso. Molte malattie dell’uomo moderno trovano origine nei complessi adattamenti necessari all’ evoluzione del clan verso l’umanità. Gli adattamenti biologici sono la risultante di posizioni conflittuali. In conflitti biologici tendono verso una soluzione che oltre ad evidenziare una nuova capacità integrano posizioni inizialmente discordanti. La struttura del conflitto sospeso nel clan resta la stessa fino alla sua soluzione conflittuale. Di generazione in generazione le mancate soluzioni vengono trasmesse fino a quella generazione che si manifesta in grado di generare nuova capacità biologica e connessa consapevolezza. L’obiettivo ultimo dei conflitti di clan sospesi è il superamento dell’organizzazione in clan su base conflittuale e la costituzione di umanità su base cooperativa. Non più clan in lotta, ma esseri umani uniti da unica appartenenza di genere.
Molte delle correlazioni indicate dalla medicina biologica sono espresse anche dall’ agopuntura tradizionale cinese. La medicina biologica adotta un criterio di lettura del clan e delle sue funzioni coerente con la biologia, la fisiologia e l’evoluzione.
L’analisi del clan reale o immaginato dal singolo paziente secondo i parametri della medicina biologica contribuisce alla conflittolisi. La valutazione del risentito, del conflitto biologico sottostante e delle eventuali connessioni con i tessuti lesi, rappresenta una possibilità di comprensione riguardo al senso implicato in ogni malattia. Comprendere il senso biologico della propria sofferenza è una premessa ineludibile per la soluzione conflittuale.
Dott. Fabio Elvio Farello, Medicina biologica a Roma
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