La fase di deposito in medicina biologica

La fase di deposito in medicina biologica

La fase di deposito in medicina biologica riguarda un conflitto che non trova soluzione tramite l’attivazione straordinaria della fase d’infiammazione o escrezione. Tale conflitto impegna il sistema nervoso del paziente nell’espressione della successiva reattività ovvero la fase di deposito, la terza nella sequenza delle possibili risposte adattative dei tessuti. Questa tappa consiste nello stoccaggio di metaboliti all’interno dei tessuti, in particolare nel loro connettivo o nello spazio extracellulare. In questa fase il sistema nervoso centrale del malato, non gestisce più i metaboliti nell’ ”inceneritore biologico” costituito a fase d’infiammazione. La strategia applicata per gestire il conflitto è di stoccare i metaboliti e le tossine nello spazio extracellulare. Lo stoccaggio in tale spazio è preferibile a quello intracellulare, biologicamente più impegnativo. Con la strategia applicata dal deposito si inizia a rallentare l’escursione temporale della malattia e si rimanda a successive infiammazioni o escrezioni la soluzione del problema sottostante. Tramite la fase di deposito, la strategia biologica applicata dal SNC è rinviare al futuro la risoluzione del conflitto sottostante. L’obiettivo principale è estendere il tempo e addensare consapevolezza in modo graduale sui tessuti implicati.

Oltre a stoccare metaboliti endogeni ed, esogeni anche le malattie in fase di deposito, veicolano tramite il disagio, l’attenzione e la concentrazione del malato verso i tessuti impegnati. Secondo la medicina biologica le fasi di deposito come tutte le attivazioni si evidenziano in un tessuto che possiede un nesso logico con il conflitto sottostante. La scelta del sistema nervoso di quale tessuto implicare non è dunque né casuale né capricciosa. Il tessuto implicato possiede un nesso evoluzionistico con il conflitto risentito dal paziente. La fase di deposito possiede l’indubbia caratteristica di avere un quota minore di restitutio ad integrum, seppur sempre possibile. Il malato che è sottoposto ad una patologia in fase di deposito, non supera sempre la malattia e può evolvere verso il cronico. La malattia in fase di deposito permette modifiche più durature nei tessuti rispetto alle fasi d’escrezione e infiammazione. La malattia in fase di deposito sollecita molto più lentamente l’attenzione del malato alla propria corporeità. Per la medicina biologica questo processo coscienziale a medio termine, è una parte rilevante nell’insorgenza della patologia. L’uomo sottoposto ad una malattia in fase di deposito deve apprendere qualcosa dalla stessa che riguardi il suo corpo e che implichi un parametro temporale più esteso delle infiammazioni. Esempi di reattività biologica in fase di deposito sono a titolo d’esempio: il calcolo renale, il calcolo biliare, la miogelosi, il prurito, le adiposità, la placca ateromatosica, la gotta o la silicosi.

La fase di deposito in medicina biologica
La fase di deposito in medicina biologica

Tramite la fase di deposito, la strategia biologica applicata dal SNC è rinviare al futuro la risoluzione nella attesa dello sviluppo di una capacità non posseduta. Il mancato possesso di capacità infiammatoria è gestito come temporaneo e non permanente. L’obiettivo principale delle malattie in fase di deposito è guadagnare tempo e addensare consapevolezza in modo lento e graduale sui tessuti implicati.  Per la medicina biologica la fase di deposito è una possibilità applicataai tessuti costituenti un organismo pluricellulare per reagire ad un conflitto. Tale reazione è sempre governata dal sistema nervoso centrale del paziente ed è pertanto da intendersi all’interno di un preciso intento elementare di garantire la sopravvivenza a livello corporale e animico.

Per la medicina biologica la ricerca del senso di una patologia  si esercita anche nell’ analisi morfologica e reattiva  dei tessuti impegnati dal malato nella malattia La medicina biologica cerca oltre l’ espressione fisica della sofferenza anche la sua finalità sensata nel contesto di una evoluzione prima personale, poi della stirpe e infine della specie.
L’analisi delle sofferenze patite dal malato, dei diversi fattori aggravanti, dei campi emozionali, del risentito delle modalizzazioni e dell’insorgenza primaria possono aiutare nell’identificazione del conflitto sottostante per il singolo paziente. Alcuni comportamenti possono determinare un notevole disagio sia interiore sia nella relazione con gli altri. Una valutazione  dei tessuti  in relazione al risentito personale secondo la medicina biologica, rappresenta una possibilità prima di comprensione e successivamente di coscienza riguardo al senso implicato, premessa ineludibile per una loro modulazione o a seconda dei casi per la loro risoluzione.

Dott. Fabio Elvio Farello, Medicina Biologica a Roma