La fase neoplastica in medicina biologica

La fase neoplastica in medicina biologica

La fase neoplastica nella medicina biologica è l’ultima delle sei possibili reattività espresse dai tessuti. in patologia.  La fase neoplastica riguarda un conflitto biologico che non trova soluzione tramite un’infiammazione, escrezione, deposito impregnazione o degenerazione, culmina nell’ultima reattività, la sesta tappa nella sequenza delle possibili risposte tissulari. La fase neoplastica è tesa garantire un beneficio immaginato a livello elementare, implicando però il rischio concreto del decesso. La guarigione è prevista solo per apoptosi dei tessuti neoplastici, evento piuttosto raro. Tramite la fase neoplastica, la funzione del tessuto viene a essere impegnata in modo massimamente invasivo. Il tessuto diventa altro, in disconforme o nuova funzionalità. Si tratta di un tentativo eroico di acquisire nuove capacità o nuovi tessuti,  talvolta preparativo di cambiamenti evolutivi.

Nella fase neoplastica della medicina biologica i metaboliti e le tossine non solo impegnano il citoplasma cellulare come già avviene, con conseguenze diverse, nelle fasi d’impregnazione e degenerazione. Nella fase neoplastica i metaboliti e le tossine superano la membrana nucleare inducendo una modifica del patrimonio genetico tale da indurre il passaggio da differenziazione a neoplasia. Il sistema nervoso centrale esprime con la fase neoplastica la capacità di  modificare radicalmente il tessuto impegnato, tanto da indurne la trasformazione in un nuovo tessuto. Le caratteristiche di questo nuovo tessuto possiedono una relazione sintetico induttiva con il conflitto biologico scatenante. Il SNC che attiva neoplasia, attiva memorie relative alla possibilità di compensare con la stessa, il conflitto che la scatena.

A livello coscienziale avviene una trasformazione analoga al tessuto. La trasformazione è una delle strategie biologiche che hanno permesso la sopravvivenza. Il tessuto polmonare sviluppato dall’anfibio, quale passaggio evolutivo epocale che ha permesso alla vita acquatica di muoversi alla conquista della terraferma, deriva da una  fase neoplastica del tubo digerente nel precursore dell’anfibio. A un certo punto dell’evoluzione un pesce spiaggiato nella zona cotidale ovvero quella lasciata scoperta dal moto delle maree, ha prodotto un tessuto radicalmente diverso dal tessuto digerente. Questo tessuto neoplastico era in grado di valorizzare l’aria come carburante della vita. Da una fase neoplastica derivò pertanto una nuova opportunità, ovvero polmone. Certamente quest’acquisizione ha comportato in precedenza un numero enorme di decessi durante il tentativo. Quando i tessuti disponibili non possono più esprimere soluzione, per i limiti della loro qualità, allora il SNC induce una risposta di trasformazione cellulare. Questa sesta e ultima fase reattiva è quella che esprime la maggiore innovazione evolutiva perché può condurre non solo verso un impiego diverso del tessuto, ma anche verso un tessuto radicalmente nuovo.

La fase neoplastica in medicina biologica
La fase neoplastica in medicina biologica

Non deve sorprendere che il SNC di un individuo possa optare per la neoplasia, considerata il male più pericoloso per la vita stessa. Bisogna rilevare che le strategie biologiche di sopravvivenza sono tese a soluzioni valutate in frazioni di secondo, rivolte alla sopravvivenza immediata d’individuo. A lunga scadenza la neoplasia invece evidenzia l’intenzione biologica di tutelare la specie oppure di culminare verso nuove specie. Le risposte biologiche derivano da automatismi delle parti più antiche del cervello che conservano le informazioni essenziali su tutto ciò che è stato utile nella notte dei tempi per la sopravvivenza. Queste memorie sono peraltro attivabili per scivolamenti sintetico induttivi, in altre parole per qualcosa che non esprime una relazione causale, ma analogica. Ogni qualvolta il SNC decide di attivare una risposta automatica prendendo informazioni utili da tali zone del cervello, i ragionamenti del conscio umano, caratterizzati da una lunga prospettiva temporale, cessano di avere rilevanza. Quando l’uomo cerca una risposta idonea alla sopravvivenza, a questo livello, allora il parametro applicato dal suo SNC è sopravvivere anche un unico secondo di vita in più.

Per la medicina biologica la ricerca del senso di una patologia  si esercita anche nell’ analisi morfologica e reattiva  dei tessuti impegnati dal malato nella malattia La medicina biologica cerca oltre l’ espressione fisica della sofferenza anche la sua finalità sensata nel contesto di una evoluzione prima personale, poi della stirpe e infine della specie.
L’analisi delle sofferenze patite dal malato, dei diversi fattori aggravanti, dei campi emozionali, del risentito delle modalizzazioni e dell’insorgenza primaria possono aiutare nell’identificazione del conflitto sottostante per il singolo paziente. Alcuni comportamenti possono determinare un notevole disagio sia interiore sia nella relazione con gli altri. Una valutazione  dei tessuti  in relazione al risentito personale secondo la medicina biologica, rappresenta una possibilità prima di comprensione e successivamente di coscienza riguardo al senso implicato, premessa ineludibile per una loro modulazione o a seconda dei casi per la loro risoluzione.

Dott. Fabio Elvio Farello, Medicina Biologica a Roma